PERCHÈ ROMANISTI
La scelta del nome di “romanisti” fu molto dibattuta negli anni della costituzione del Gruppo. Lo ricorda questo brano dell’articolo di Antonio Martini “I Romanisti e la loro Strenna” pubblicato nella Strenna dei Romanisti del 2014.
Uno dei punti discussi della nostra storia è costituito dal motivo per cui ci chiamiamo “romanisti”. Se ne parlò e discusse in qualche riunione, quando ci si chiese come fosse nata la parola “romanista” attribuita ai membri del Gruppo e come conseguenza ci si domandò come fossero considerati i “romanisti” all’esterno del Gruppo. Si avanzarono molte supposizione, affiorarono ricordi e informazioni, vi furono opinioni discordanti, discussione effervescente, ma nessuna conclusione.
Restarono gli interrogativi: perché questi studiosi e amanti di Roma hanno il titolo di “romanisti”? Cercò di rispondere al quesito Luigi Ceccarelli con un articolo sul Bollettino dei Curatori. Tra l’altro trovò nel dizionario Devoto-Oli che il “romanista”, cioè l’appartenente al Gruppo è definito «… cultore di storia e di caratteristiche cittadine di Roma (dal medioevo al 1870)», definizione abbastanza soddisfacente nella sua prima parte, ma inaccettabile per i limiti temporali che i Romanisti non hanno mai pensato di porsi.
Spingendo l’indagine indietro nel tempo, si può addebitare l’origine di questa “limitazione” al Dizionario Enciclopedico Italiano, mentre in dizionari e prontuari precedenti non si trova alcun riferimento temporale all’attività culturale del “romanista”.
Ritornando alle origini, ricordiamo che “romanista” fu proposto da Marcello Piermattei fin dal 1934, che si diffuse e, in un certo senso, fu consacrato nel 1940, con la pubblicazione della prima Strenna dei Romanisti. Quella Strenna conteneva l’articolo nel quale Piermattei cercava di spiegare chi fossero i “romanisti”. Già quell’articolo provocò sulla parola romanista, polemiche, obiezioni e contestazioni, e soprattutto controproposte.
L’anno successivo (1941), Ugo Ojetti, nella rubrica Domande del Corriere della Sera, in una nota dal titolo “Romanisti?”, si chiede perché sia stato adottato il termine romanisti, che reputa “professorale e tabaccoso”, piuttosto che romani, secondo lui sufficiente a definire quel tipo di studi e d’interessi. Piermattei rispose, convinse Ojetti che poco dopo venne annoverato tra i “romanisti”.
Ma ecco sulla Strenna del 1943 intervenire l’autorevole voce del linguista romano-fiorentino Giorgio Pasquali che in una “Lettera ai Romanisti” esordisce dicendo «… non potevate scegliere titolo più equivoco…», perché romanisti erano gli studiosi del diritto romano e quelli di lingue neolatine. Suggeriva quindi romanofili e per la nostra pubblicazione Strenna dei romaneschi.
Le proposte di romanologo, romanofilo, romanesco e altre, tra cui quella ironica di Petrolini Romani col botto, furono bonariamente confutate e respinte dallo stesso Piermattei; ma meno bonaria fu la presa di posizione di Antonio Muñoz il quale affermò che «… Roma è una cosa così immensa, così varia, così multiforme, che si può essere “romanisti” in cento, mille modi.» e questo titolo non si può quindi considerare monopolio di qualcuno.
Oramai il termine romanista, nell’accezione che gli è stata attribuita dai membri del Gruppo, è in uso da oltre settanta anni: i Romanisti non pongono limitazione d’alcun genere ai loro studi, ai loro interessi e alle loro ricerche: basta scorrere i tre indici della Strenna dei Romanisti per averne la più ampia prova.
PERCHÈ ROMANISTI
La scelta del nome di “romanisti” fu molto dibattuta negli anni della costituzione del Gruppo. Lo ricorda questo brano dell’articolo di Antonio Martini “I Romanisti e la loro Strenna” pubblicato nella Strenna dei Romanisti del 2014.
Uno dei punti discussi della nostra storia è costituito dal motivo per cui ci chiamiamo “romanisti”. Se ne parlò e discusse in qualche riunione, quando ci si chiese come fosse nata la parola “romanista” attribuita ai membri del Gruppo e come conseguenza ci si domandò come fossero considerati i “romanisti” all’esterno del Gruppo. Si avanzarono molte supposizione, affiorarono ricordi e informazioni, vi furono opinioni discordanti, discussione effervescente, ma nessuna conclusione.
Restarono gli interrogativi: perché questi studiosi e amanti di Roma hanno il titolo di “romanisti”? Cercò di rispondere al quesito Luigi Ceccarelli con un articolo sul Bollettino dei Curatori. Tra l’altro trovò nel dizionario Devoto-Oli che il “romanista”, cioè l’appartenente al Gruppo è definito «… cultore di storia e di caratteristiche cittadine di Roma (dal medioevo al 1870)», definizione abbastanza soddisfacente nella sua prima parte, ma inaccettabile per i limiti temporali che i Romanisti non hanno mai pensato di porsi.
Spingendo l’indagine indietro nel tempo, si può addebitare l’origine di questa “limitazione” al Dizionario Enciclopedico Italiano, mentre in dizionari e prontuari precedenti non si trova alcun riferimento temporale all’attività culturale del “romanista”.
Ritornando alle origini, ricordiamo che “romanista” fu proposto da Marcello Piermattei fin dal 1934, che si diffuse e, in un certo senso, fu consacrato nel 1940, con la pubblicazione della prima Strenna dei Romanisti. Quella Strenna conteneva l’articolo nel quale Piermattei cercava di spiegare chi fossero i “romanisti”. Già quell’articolo provocò sulla parola romanista, polemiche, obiezioni e contestazioni, e soprattutto controproposte.
L’anno successivo (1941), Ugo Ojetti, nella rubrica Domande del Corriere della Sera, in una nota dal titolo “Romanisti?”, si chiede perché sia stato adottato il termine romanisti, che reputa “professorale e tabaccoso”, piuttosto che romani, secondo lui sufficiente a definire quel tipo di studi e d’interessi. Piermattei rispose, convinse Ojetti che poco dopo venne annoverato tra i “romanisti”.
Ma ecco sulla Strenna del 1943 intervenire l’autorevole voce del linguista romano-fiorentino Giorgio Pasquali che in una “Lettera ai Romanisti” esordisce dicendo «… non potevate scegliere titolo più equivoco…», perché romanisti erano gli studiosi del diritto romano e quelli di lingue neolatine. Suggeriva quindi romanofili e per la nostra pubblicazione Strenna dei romaneschi.
Le proposte di romanologo, romanofilo, romanesco e altre, tra cui quella ironica di Petrolini Romani col botto, furono bonariamente confutate e respinte dallo stesso Piermattei; ma meno bonaria fu la presa di posizione di Antonio Muñoz il quale affermò che «… Roma è una cosa così immensa, così varia, così multiforme, che si può essere “romanisti” in cento, mille modi.» e questo titolo non si può quindi considerare monopolio di qualcuno.
Oramai il termine romanista, nell’accezione che gli è stata attribuita dai membri del Gruppo, è in uso da oltre settanta anni: i Romanisti non pongono limitazione d’alcun genere ai loro studi, ai loro interessi e alle loro ricerche: basta scorrere i tre indici della Strenna dei Romanisti per averne la più ampia prova.